Emilio Gola (artista)

Ultima modifica 21 agosto 2019

(1851 - 1923)

"Non ho fatto una linea che non fosse ispirata alla natura"
"Né questa tendenza, né quella, la mia"

Emilio Gola nasce a Milano nel 1851 da una famiglia di nobili origini. Incoraggiato dai genitori a frequentare la facoltà di ingegneria e, contemporaneamente, a esercitarsi nell'arte del dipingere, nel 1873 consegue la laurea in ingegneria industriale al Politecnico di Milano.

Non è dato di sapere se gli piacesse già dagli inizi l'idea di diventare ingegnere [...] Ci piace pensare che la distanza fra lo studiare l'analisi matematica e come rendere l'impalpabilità di un pizzo sulla tela non fosse per lui così enorme. Anche la pittura è rigore, calcolo delle probabilità, studio, predisposizione, applicazione, determinatezza. Non solo fantasia e capacità innata. E ci piace credere che a entrambe le cose, studiare e dipingere, si dedicasse con la stessa testardaggine.

A dipingere aveva cominciato adolescente. I suoi genitori decisero di affidarlo, per un certo periodo, alle cure di Sebastiano De Albertis.
Ancora da ragazzo fu accompagnato dal padre in Olanda. Nella patria dei fiamminghi s'innamorò di Rembrandt restando impressionato dalla profondità dei suoi ritratti. In Olanda sarebbe tornato altre volte, sia con il genitore che da solo e certo questi viaggi lasciarono una profonda impronta nella sua pittura che tra gli anni che vanno dal 1895 al 1900.

I viaggi non si limitarono all'Olanda.

Sappiamo che a diciassette anni i padre, conte Carlo, lo portò a Parigi. Il conte accompagnò il figlio in un lungo pellegrinaggio nelle vaste sale dei musei parigini ed Emilio bevve inconsapevolmente tutta la novità della città e dei suoi artisti più ribelli: gli impressionisti. Questo fu il primo di una lunga serie di soggiorni nell'allora capitale d'Europa.

Esordisce nel 1879 quando due sue opere sono ospitate all'Esposizione Annuale di Brera. Gola cominciava, a Milano, a godere di un discreto successo. Dipingeva ritratti importanti su commissione [...] e chiamava nello studio di città, in via Guastalla, le prime modelle per i suoi studi dal vero.

Contemporaneamente, in primavera e in estate, lavora al "Buttero" nella casa di Olgiate. Qui frequentava la villa Sommi Picenardi dove ritrarrà la contessa Sala Trotti Bentivoglio, sorella del musicista Marco Sala.

Dai Sala-Sommi Picenardi si ritrovava gran parte della società aristocratica che in quella parte di Brianza andava a trascorrere la bella stagione. Gola figurava spesso nella lista degli invitati per il pranzo e, con il passare degli anni, il legame tra le due famiglie divenne sempre più intenso.

Il lavoro di pittore lo impegnava ormai quotidianamente: c'erano i ritratti che gli venivano ordinati da realizzare, le opere da inviare alle mostre, e poi c'erano i diversi soggetti che ormai lo interessavano: oltre ai ritratti, i Navigli della sua Milano e i primi paesaggi brianzoli.

La dimora di Olgiate, al "Buttero" fu un luogo importantissimo nella vita di Gola: la bellezza della casa sontuosa, ma non eccessiva, la fuga delle stanze, l'aria stessa di quelle stanze e poi il prato, le bordure di fiori, le palme, la fontana ... i cipressi, la pianta di magnolia, la serra, il viale delle ortensie, il cancello d'entrata, la distesa dei roseti e la siepe.

Tutto questo è entrato in qualche quadro.

E poi intorno la campagna bellissima, i paesi ancora incontaminati, le lavandaie, la gente semplice; e le dimore avite degli altri nobili, le serate in queste case, gli odori persino: quello dei mobili, dei soffitti, delle pareti, delle finestre lasciate aperte. Insomma un mondo intero, racchiuso tra il "Campanon" e Montevecchia, il fiume Adda e le colline, ha popolato i suoi pensieri ed è diventato protagonista della sua pittura.

Gola aveva eletto una stanza della casa a studio: era al primo piano, dal riquadro della finestra i filari dei gelsi interrompono i verdi diversi delle diverse piante; s'intravedono alcune statue e in faccia c'è la collina del Buonmartino, mentre Montevecchia sembra vicina o lontanissima a seconda dell'ora del giorno e che ci sia nebbia o foschia o cielo azzurro.

Il conte aveva uno studio anche a Mondonico, nella casa del setaiolo Silvio Sala e pare che lì si radunassero diversi pittori [...]; ma la base a Mondonico serviva più per i paesaggi.

Il "Buttero" fu invece l'officina dei ritratti. Intanto gli Autoritratti e poi il Ritratto della madre e di altri parenti, tra cui figurano anche quelli della moglie Maria sposata nel 1904 e del figlioletto Carlo. Quindi tutta una teoria di personaggi che lì andavano a posare. E sempre lo studio fa capolino dentro i quadri, Gola ce ne presenta ora un angolo, ora una parete, ora una finestra ...

Nei suoi studi spesso ospitava amici artisti. La madre di Emilio, la signora Leopolda racconta che al "Buttero" e in casa Sommi Picenardi s'incontravano spesso gli scapigliati. Pare invece che con i pittori s'incontrasse più volentieri nello studio di Mondonico: Donato Frisia, Aldo Carpi e Riccardo Brambilla erano soliti convenire là.

A Mondonico verso la fine del secolo cominciò la sua ossessione per i "valloncelli" e la campagna d'intorno, un'ossessione che non l'avrebbe più abbandonato. Accanto ai "valloncelli" ricorrono nei suo quadri Mondonico sotto la neve, i ponticelli che superano il torrente Molgora, qualche scorcio di casa, giovani donne, soprattutto lavandaie, raramente animali.

Il fatto più affascinante dei dipinti realizzati tra Mondonico e le colline lì attorno è il modo in cui la presenza umana, sempre femminile, si situi al loro interno. Gola aveva scoperto, molto prima di grandi artisti come Morlotti che l'uomo è, nella sua essenza, parte del paesaggio.

Morlotti, anch'egli irresistibilmente attratto da quella terra, di Gola usava dire: "È un bel pittore".

E si può credere che in questa affermazione ci fosse sì il riconoscimento di un valore, ma soprattutto un senso di somiglianza, d'identità non nei metodi di pittura, certo, ma nella materia trattata. 

Sappiamo che fu definito un dilettante, mentre egli stesso amava considerarsi un isolato. Non ebbe allievi, né assistenti, non fece scuola insomma, anche se si dirà dei suoi estimatori e di coloro, come il Frisia, che gli sono in parte debitori.

(da Anna Caterina Bellati, Emilio Gola. L'uomo e l'opera, Milano, Banca Briantea S.p.a., 1994)